ALBOINO
La storia del Re dei Longobardi
I Longobardi sono ricordati tra i barbari che devastarono l’est Europa al tempo di Probo; “schiere innumerevoli” che uniti con loro secondo Gordane, parteciparono anche a tante imprese di ATTILA.
Con la morte di Vacone nel 540 sale al trono Longobardo il figlio ancora infante Valtari, per cui esercita le funzioni di reggente Audoino della stirpe dei Gausi.
Nel 547 muore ancora minorenne il re Longobardo Valtari; il reggente Audoino ne approfitta per farsi proclamare re ignorando i diritti dei consanguinei di Valtari ancora viventi. Ma Audoino trova subito un alleato potente in Giustiniano che gli offre col titolo di “foederati” le due province della Savia e del Norico Mediterraneo
Salito sul trono AUDOINO, in pochi anni cambiò radicalmente politica. Fu proprio lui (nel 548) con una spedizione – approfittando della confusione ostrogota-bizantina (la guerra greca-gotica in Italia)- a traversare per la prima volta il Danubio, occupando l’Ungheria sud-ovest, il Norico e la Stiria meridionale. Nello stesso anno c’era anche confusione nel regno Franco di Austrasia con la morte di Teodoberto e la salita al trono dell’inetto Teodebaldo.
Mentre con i Gepidi, Audoino concluse una tregua di due anni e in parte si insediarono sul loro territorio.
Costantinopoli non reagì, anzi Giustiniano acconsentì a questo insediamento, e nel 550 prima fomentando attriti fra i due popoli, poi perfino aiutandoli diede il suo contributo ai Longobardi per far guerra contro i Gepidi.
Aiuto ricambiato quando nel 552, dovendo rafforzare la spedizione decisiva di Narsete in Italia contro Totila, i Longobardi fornirono a Giustiniano 2500 terribili “guerrieri” con altri 3000 uomini armati al seguito, non meno guerrieri dei primi.
Furono di grande aiuto a Narsete, soprattutto per la loro ferocia; ma poi il generale bizantino dovette prendere le distanze perché la loro aggressività non era rivolta solo ai nemici, ma anche agli amici quando c’erano delle contese sui bottini. Essendo audaci, erano sempre loro i protagonisti della vittoria finale, e quindi pretendevano di più degli altri.
Narsete dopo la battaglia conclusiva, non vide l’ora di rimandarli a casa, erano troppo indisciplinati e piuttosto pericolosi averli dentro l’esercito.
Nel frattempo sul loro territorio dei Gepidi, morto Audoino (560) era salito sul trono il figlio ALBOINO.
Il giovane re, alleatosi con gli Avari nel 567 conquista con loro definitivamente tutto il territorio dei Gepidi. Il Re dei Gepidi CUNIMONDO venne ucciso in battaglia dallo stesso Alboino, poi fatta prigioniera anche sua figlia ROSAMUNDA la obbligò a sposarsi con lui. Una macabra leggenda (che riporta Diacono) narra che Alboino abbia costretto la ragazza a bere da una tazza fatta col cranio del padre.
I Longobardi e gli Avari erano così divenuti effettivi e potenziali padroni di tutto il territorio compreso tra la Sava e la Drava, che mette in contatto l’Europa orientale con quella centrale e si affaccia all’Adriatico e all’Italia attraverso il Friuli. Giova ricordare che lo spazio racchiuso tra questi due fiumi è sempre stato considerato una zona di grande rilevanza strategica, da parte di possibili attaccanti fino alla seconda metà del XX secolo; e ancora oggi.
L’alleanza con gli Avari fu tuttavia di breve durata (un anno). Poi il loro dominio nella regione che si erano divisa in due, iniziò ad essere costantemente insidiata dagli Avari medesimi, più aggressivi degli stessi Longobardi. Fu certamente questa una delle cause che indussero i Longobardi a lasciare il territorio e a muovere verso l’Italia con uomini, averi e armenti. Sembra che fecero dei patti, gli Avari offrirono mandrie di bovini, pecore, capre e maiali purché se ne andassero in un altro posto.
Il miraggio di Alboino era quel paese più bello e più ricco che molti di loro nella campagna con i bizantini già conoscevano per averlo percorso in lungo e in largo con il generale Narsete, che però proprio in questi anni era caduto in disgrazia..
Infatti esiste anche un’altra versione sulla motivazione di questa emigrazione di massa dei Longobardi. Ed è quella che Narsete dopo essere stato esonerato (e umiliato come Belisario) e richiamato nel 565 a Costantinopoli da Giustiniano accusato di cospirazione e mandato in esilio a Napoli, per vendicarsi abbia tradito l’imperatore chiamando in Italia proprio gli aggressivi Longobardi. Non dimentichiamo che lo stesso Giustiniano morì subito dopo la condanna di Narsete, il 14 novembre dello stesso anno, lasciando una eredità molto complessa al nipote Giustino II. E fu lo stesso Giustino a riabilitare Narsete lo stesso anno dell’invasione Longobarda. Purtroppo Narsete visse ancora qualche settimana, poi morì a Roma. Se veramente aveva un piano diabolico non riuscì a portarlo a compimento.
C’è di certo, che nonostante la saldissima organizzazione difensiva ai confini, i Longobardi varcarono il limes friulano con i suoi numerosi massicci castelli con quasi nessuna reazione dei romani. E questo è molto strano.
Con Alboino c’era un gran numero di alleati: Svevi, Ostrogoti del Norico, Gepidi, Sarmati, Bulgari, Turingi, qualche Avaro e circa 20.000 Sassoni tributari dei Franchi di una Austrasia in crisi.
Secondo fonti più tarde, l’esercito di Alboino era composto da circa 300/400.000 uomini; dietro seguivano donne, bambini, vecchi, circa 100.000, con i carri e con tutte le masserizie e una mandria di bestiame con 30.000 capi di bovini, 10.000 maiali, 10.000 fra pecore e capre.
Giunsero in Italia lungo la Via Postumia, attraverso la Valle del Vipacco; la leggenda narra che ALBOINO si sia soffermato a guardare il panorama del territorio che si accingeva a conquistare dalla vetta di un monte che da allora, fino alla metà del XX secolo fu chiamato Monte del Re, o Monte Re, oggi noto come Nanos, nella accezione slovena.
Giunti alle pendici meridionali delle Alpi occuparono la Venezia Giulia. Alboino affidò la città militarmente più importante, Forum Julii, Cividale, al migliore dei suoi generali, Gisulfo, che divenne Duca del Friuli (la prima dinastia ducale longobarda in Italia), poi proseguì l’avanzata occupando e distruggendo Aquileia; tutti i maggiori centri, ma trascurando le città troppo ben difese e le regioni costiere (vedi la FONDAZIONE DI VENEZIA). Dell’acqua i Longobardi ebbero sempre la fobia. Con la loro dominazione scomparvero nella penisola quasi tutti i cantieri marittimi.
Furono poi occupate: Altino, Codroipo, Ceneda, Treviso, Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo, Milano (il 4 settembre 569), in seguito Modena, Lucca, Chiusi, Camerino, Spoleto, Benevento (572), Pavia (572), Bologna.
Mentre Padova ben difesa, Monselice dentro le sue poderose mura e Mantova fra le acque riuscirono a resistere più a lungo. Ticinium (Pavia) fu presa soltanto dopo un lungo assedio (tre anni); ma per fame. (Non per nulla che i longobardi la scelsero come capitale)
Poi i Longobardi ebbero le porte aperte fino alle Alpi, ad Aosta, poi oltre le Alpi fino a Marsiglia e in Borgogna, e infine per tutto il resto d’Italia, fino a Benevento, ma non sempre ad opera del grande ex esercito regio (che si divise subito per occupare le città), ma ogni duca, o i loro aiutanti con i propri uomini andarono in giro per l’Italia a conquistarsi -dove potevano senza tanta fatica- ognuno il suo territorio.
Non fu molto difficile. I funzionari nelle città o i grandi proprietari di campagna negli ultimi anni erano tutti fuggiti o erano stati uccisi. Solo i coloni (i servi, gli schiavi, i vari lavoratori) erano rimasti allo sbando nelle campagne e nei piccoli paesi; anche questi pochi a causa della lunga guerra, per le carestie e le epidemie erano in gran numero rimasti vittime .
Quando cominciarono i duchi longobardi a occupare i grandi centri (poi sede dei loro ducati) non fecero altro che sostituirsi all’amministrazione imperiale, e i coloni dovettero a loro versare non solo i tributi, ma anche sottomettersi a fare i loro servi. Non avevano altra alternativa. Ogni podere, ogni attività, ogni proprietà veniva confiscata dai nuovi arrivati.
Dall’invasione fino al 590 (con Autari) seguendo la loro arcaica tradizione, ogni capo banda, capo di una farae (poi “duca”) -cioè ogni capo guerriero- aveva il diritto a una parte del bottino razziato o del territorio conquistato. Di questi capi banda ce n’erano 35; diventarono perciò tutti proprietari di piccoli o grandi territori insediandosi con la propria farae . Poi allo stesso suo interno, per prodezze o per carisma fra gli uomini, nascevano altri capi, altre farae. Quindi altre proprietà confiscate in luoghi vicini o lontani dal primo insediamento.
Di grande importanza fu anche l’occupazione di Verona. Occupata l’intera Val d’Adige, tutta la zona fu poi (direttamente o indirettamente) riunita alla Baviera. I matrimoni successivi di Autari con Teodolinda figlia di Garibaldo duca germanico della stessa Baviera, e di un’altra figlia anch’essa data in sposa al longobardo duca di Tridentum (Trento) Evino, consolidarono questa alleanza. – Quando poi in Italia duecento anni dopo cadde il regno Longobardo, l’intero Alto Adige e il Tirolo rimasero per 1500 anni alla Baviera, sotto i principi o i vescovi germanici. (Nota: la moglie di Garibaldo era anch’essa di origine longobarda, del gruppo-famiglia Leth, era infatti sua madre la figlia di re Vacone che abbiamo conosciuto all’inizio, andata in sposa a Garibaldo).
L’intera offensiva dei Longobardi all’inizio pur essendo disordinata e senza alcun schema ebbe grande successo; non così la fallimentare e disordinata difensiva degli imperiali. Questi ultimi non potevano certo pensare che questa invasione era una delle tante scorrerie barbariche. Alboino stava entrando con una migrazione biblica, inoltre entrando a Milano – incontrando per arrivarci poca resistenza- aveva già deciso, dichiarando che l’Italia con i suoi 35 “duchi” (in pratica questi erano i capi delle rispettive farae, che guidavano i loro parenti) l’avrebbe conquistata facilmente tutta.
Ma dopo appena tre anni, nel 572, ALBOINO non riuscì a godersi questa gloria. Soccombe assassinato nel suo letto da una congiura ordita da ROSAMUNDA (desiderosa di vendicare il padre) con il fratellastro dello stesso Alboino, l’ambizioso ELMICHI.
Alboino venne sepolto a Verona, sotto la scala del palazzo reale. L’intenzione di ELMICHI era quella di salire sul trono del fratellastro sposando Rosamunda.
Ma dopo l’assassinio i due non ottennero l’appoggio di tutti i longobardi (in opposizione ai Lethi c’erano i Beleos) anzi qualcuno stava già tramando di eliminarli. Vista la mala parata, per salvare almeno la vita, i due assassini presero il tesoro della corona e fuggirono a Ravenna. Ma qui la diabolica Rosamunda tentò di sbarazzarsi del rivale per sposare LONGINO prefetto bizantino d’Italia. Elmichi (secondo la leggenda) accorgendosi di essere stato avvelenato, costrinse Rosamunda a finire la coppa di vino con il veleno, morirono così entrambi.
CLEFI (573-574) – Morto Alboino, fuggiti e morta Rosamunda con il suo complice, fu eletto re Clefi, della famiglia Beleos. Durò poco più di un anno il suo regno, poi venne ucciso anche lui.
Dalla morte di Alboino fra Longobardi era così venuto a mancare un autorevole re e queste morti violente erano già il sintomo e la conseguenza della debolezza dell’istituto monarchico longobardo ancora poggiante su una base tribale.
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